Emotional Eating… quando la fame nervosa ci assale

Photo by Artem Labunsky

Ogni volta che mangiamo qualcosa, dopo un certo tempo non abbiamo più fame: scatta il meccanismo della sazietà. Ma che vuol dire esattamente “sazietà”? Si tratta di una sensazione fisica o mentale?

Entrambe le cose.

I primi segnali sono di tipo biologico, come la distensione delle pareti dello stomaco, l’attività dei succhi gastrici e l’innalzamento della glicemia. Questi, a loro volta, scatenano segnali di tipo ormonale, mediati in particolare dalla leptina, che comunica al cervello che l’apporto di nutrienti è stato sufficiente. Solo a questo punto partono segnali di tipo neurologico, mediati in particolare dalla serotonina, che hanno effetto immediato, togliendoci la fame e regalandoci un senso di appagamento e, appunto, sazietà.

Le sensazioni di fame e sazietà sono influenzate anche da stimoli esterni: vista e olfatto in particolare possono farci venire l’acquolina in bocca, oppure chiuderci completamente lo stomaco.

Ma la componente che gioca un ruolo fondamentale sono le EMOZIONI. Ad esempio, la noia tende a metterci fame, mentre la rabbia tende a sopprimerla.

Lo “stress”, in quanto emozione ambivalente, può agire sia un senso che nell’altro, a seconda degli ormoni prodotti in risposta alla situazione di emergenza, in particolare a seconda che prevalga l’adrenalina o il cortisolo. Questi due ormoni, infatti, agiscono sulla fame in direzione opposta: l’adrenalina ci mette in uno stato di “fight or flight” (lotta o fuga), durante il quale non è ammesso perdere tempo con il cibo e quindi la sensazione di fame viene soppressa, mentre il cortisolo aziona processi catabolici (ovvero di consumo immediato delle energie), accrescendo il bisogno di rifornimento e quindi la fame.

Quando le emozioni prevalgono, può succedere quindi di percepire una sensazione di fame imperiosa, di aprire il frigo o la dispensa e mettere sotto i denti qualsiasi cosa, dolce o salato, senza riuscire a trattenerci, sapendo benissimo che questo non è utile al nostro corpo.

Si parla allora di FAME NERVOSA o, come si direbbe in inglese, EMOTIONAL EATING, situazioni in cui l’atto di mangiare non avviene con lo scopo di nutrirsi, né di socializzare o celebrare un evento, bensì lasciandosi trasportare da impulsi emotivi incontrollati.

In questi momenti, diventiamo incapaci di percepire i segnali inviati dallo stomaco e, in generale, tutti i segnali di feedback del nostro corpo. Poiché tali episodi si verificano con estrema velocità, sul momento siamo pure incapaci di individuare le emozioni che stiamo provando, né quelle a monte che ci hanno generato stress e che il cibo va a soddisfare.

La conseguenza di tutto ciò è che ingeriamo moltissime calorie in poco tempo, in modo disordinato e compulsivo, senza nemmeno gustarci quello che stiamo mangiando, e forse sopravvalutando le emozioni negative che vogliamo sopprimere.

Se vogliamo prendere coscienza di questi meccanismi, possiamo prendere ispirazione dal protocollo di MINDFUL EATING. L’assunto di base è che, imparando ad osservare i propri stati interni, in modo obiettivo e non giudicante, impareremo anche a scegliere e consumare il cibo con rispetto per il nostro corpo e per il cibo stesso.

Photo by Pablo Merchan Montes

Il percorso di Mindful Eating, generalmente organizzato in 8 incontri, ci accompagna in un viaggio di ri-scoperta del cibo e delle emozioni ad esso collegato, insegnandoci soprattutto a gustare il cibo lentamente, utilizzando tutti i cinque sensi, concentrandoci sul qui ed ora e svuotando la mente.

Anche se non abbiamo intenzione di partecipare ad un corso di Mindful Eating, possiamo sempre cominciare a porre maggiore attenzione ogni volta che portiamo del cibo alla bocca, cercando di allenare la nostra PROPRIOCEZIONE: in che posizione mi trovo? Sono in piedi davanti al frigo aperto, oppure seduto a tavola, o ancora sdraiato sul divano? A cosa sto pensando? Che sensazioni arrivano dal mio corpo? Sto mangiando velocemente o lentamente?

Infine, (domanda da un milione di dollari….!) ho davvero bisogno di questo alimento? Quale bisogno voglio soddisfare? Si tratta di un bisogno fisico (es: torno a casa dopo un’ora di palestra e sento il bisogno di recuperare energie), o emozionale (es: ho avuto una giornata stressante in ufficio e sento il bisogno di sfogarmi)?

Questo esercizio non serve a crearci sensi di colpa. Al contrario, una maggiore consapevolezza dei nostri meccanismi interni ci permette di riconoscere quali sono le emozioni che stiamo provando e le azioni necessarie a farci stare bene.

Potremo scoprire ad esempio che ci sono altri modi di compensare le emozioni negative, che non implicano necessariamente mangiare: fare una passeggiata all’aria aperta quando usciamo da lavoro, dedicare un’ora al giorno ad un’attività sportiva, oppure ad una nostra passione personale, o semplicemente stenderci sul divano a leggere un libro, accarezzando il nostro amato gatto.

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