
Uno dei miei ricordi più vividi di quando ero bambina è legato ai momenti che passavo in casa di mia nonna paterna. Quando pranzavamo da lei, c’era un piccolo rituale da compiere prima di cominciare a mangiare, e ancor prima di prendere in mano la forchetta…! Si trattava di recitare una preghierina: “Grazie, Signore, per questo cibo che stiamo per prendere e fa che tutti ne abbiano”.
Nonostante fossi una bambina vivace e poco incline alle regole, rispettare questa consuetudine in casa della nonna non mi dispiaceva. Al contrario, questa preghierina breve e concisa suonava alle mie orecchie come una poesia, o meglio, una formula magica.
Come per incantesimo, tutti interrompevano le chiacchiere e recitavano insieme quelle paroline. Si creava un momento di unione tra tutti i presenti, una sorta di “sintonizzazione emotiva” tra me, la nonna, i cuginetti, le zie, insomma tra tutti i presenti. Anche il pranzo che ne seguiva acquisiva più importanza e più gusto, dal momento che era preceduto addirittura da una formula magica!
Appena più grande, cominciai a chiedermi quale fosse il senso di quelle parole, recitate un po’ a pappagallo, ma che un significato dovevano pur averlo.
Difatti, si trattava di due affermazioni: la prima parte della formula (“Grazie, Signore…”) era un’espressione di gratitudine per la fortuna di trovarsi davanti un bel piatto ricco di ottimo cibo. E a casa della nonna, si sa, il piatto era sempre abbondante e da leccarsi i baffi! La seconda parte (“…e fa che tutti ne abbiano”) esprimeva invece un desiderio generoso e altruistico: quello che “tutti”, ovvero tutti gli uomini, le donne e i bambini del mondo, potessero godere ogni giorno di quella stessa fortuna.
A prescindere dalle credenze religiose di ciascuno di noi, quella breve sequenza di parole rituali mi è sempre sembrata ricca di saggezza. Ringraziare per il cibo che produce la nostra terra, che possiamo facilmente procurarci in grande abbondanza e varietà, che possiamo divertirci a trasformare in cucina e possiamo mettere sulla nostra tavola, è un gesto semplice da compiere, ma allo stesso tempo molto potente.
Permette di fare silenzio nella nostra mente, liberandola da pensieri e discussioni che non hanno nulla a che fare con il nostro pranzo, e di concentrarci sul qui ed ora.
Permette di focalizzare l’attenzione su cosa stiamo per mangiare e sulla sua storia (chi ha prodotto ognuno degli ingredienti che troviamo nel piatto, in che parte del mondo e in che condizioni di lavoro).
Ultimo, ma non per importanza, permette di ricordarci, per un attimo, dell’enorme privilegio di cui godiamo noi occidentali, quello di poter avere un piatto colmo di buon cibo almeno 3 volte al giorno.
RINGRAZIARE… IN TUTTE LE LINGUE

La tradizione del ringraziare per il cibo che abbiamo davanti non è solamente cristiana. Anche in altre culture esistono formule simili, da recitare prima di cominciare il pasto.
Ad esempio, in Giappone esiste una parola, “Itadakimasu”, erroneamente tradotta come “buon appetito”, ma che in realtà esprime gratitudine nei confronti di tutti coloro che hanno permesso a quel cibo di arrivare sulla nostra tavola: contadini, allevatori, trasportatori e lavoratori dell’intera filiera alimentare.
I Nativi Americani, invece, essendo prevalentemente raccoglitori e cacciatori, già nel momento di procacciarsi il cibo rivolgevano i loro ringraziamenti più profondi alla Madre Terra e allo spirito dell’animale che aveva perso la vita per dare loro nutrimento.
Nella cultura buddhista, prima di mangiare o bere qualsiasi alimento, si recita una benedizione con cui si offre simbolicamente il cibo a Buddha, a tutti i maestri illuminati e infine a tutti gli esseri viventi, affinché possano trarne nutrimento, nella consapevolezza che tutto ciò che esiste nell’universo è correlata necessariamente ad ogni altra.
RENDERE OMAGGIO AL CIBO AIUTA LA DIGESTIONE
In un’epoca in cui il “rumore” spesso sovrasta il dialogo, in cui la tecnologia (TV, computer e soprattutto smartphones) spesso invade anche i momenti di intimità familiare, fare un attimo di silenzio prima di cominciare a mangiare, per tornare con la mente al momento presente e rendere grazie del cibo che stiamo per mettere in bocca, è un atto imprescindibile di Nutrizione Consapevole.
Basta un attimo, e non necessariamente bisogna recitare una qualche formula a voce alta. Si tratta di spostare l’attenzione sul piatto che abbiamo davanti e rendere omaggio, anche solo dentro di noi, al cibo che stiamo per mangiare, alla persona che l’ha cucinato, al contadino che l’ha coltivato, alla terra che lo ha generato.
Senza dare niente per scontato.
Anche se ricominciamo a chiacchierare un attimo dopo, questo breve ringraziamento ci riconnette al cibo, non solo “spiritualmente”, ma anche in un senso più “materiale”.
Ci permette, infatti, di valutarne le qualità e le caratteristiche fisiche, di soppesarne il valore nutritivo e stabilire la quantità necessaria al nostro organismo, quindi di avere un maggiore controllo sulle calorie che andremo a ingerire e sul sopraggiungere del senso di sazietà.
Ci consente, insomma, di mangiare con più gusto e leggerezza, assaporando ogni boccone e sentendoci soddisfatti del nostro pasto.
Se poi riusciremo a consumare l’intero pasto mantenendo consapevolezza e attenzione, e masticando con lentezza e con gusto ogni boccone… persino la digestione ne trarrà beneficio!
Bell’articolo, grazie. E’ vero, oggi, forse più di ieri, siamo molto superficiali quando ci sediamo a tavola (non parliamo poi dei cosiddetti pranzi veloci, nell’intervallo della giornata lavorativa, consumati con la testa in tutt’altre faccende affaccendata!) e spesso non apprezziamo la bontà e la qualità di quello che immettiamo nel nostro organismo. dovrò rimeditare e riconsiderare quella “sana” abitudine di mia madre. Grazie per avermelo ricordato.
"Mi piace"Piace a 1 persona